Claudio Magris
Microcosmi
Se
Protagonisti sono gli uomini, ma anche gli animali, gli abitanti dei caffè o delle isole, l'orso del Monte Nevoso e il cane abbandonato nella laguna, rivoluzionari indomiti e dimenticati, vagabondaggi e manie di figure che hanno perso la loro esistenza come una partita a carte. Protagonisti sono anche le pietre e le onde, la neve e la sabbia, le frontiere, una presenza amata, un'inflessione della voce o un gesto magari inconsapevole... Diversi fili conduttori tessono la trama del libro e accompagnano il lettore, quali immagini o figure ricorrenti: i rapporti fra paesaggi e senso del tempo, l'identità e la sua incertezza, l'amore, il continuo attraversamento di confini d'ogni genere, l'ombra della morte. Riaffiorano, a punteggiare quest'esplorazione che s'immerge nel presente con un senso dell'effimero e insieme dell'eterno, le immagini di Medea e del viaggio degli Argonauti. E si disegna - appena evocata — la storia del nascosto e mimetizzato personaggio che li percorre, scoprendo in essi il proprio volto, il senso o il filo della propria esistenza, del proprio labile e appassionato passaggio sulla terra.
Claudio Magris è nato a Trieste nel 1939. Dopo aver insegnato a Torino, è docente presso l'Università di Trieste. Collabora al "Corriere della Sera" e a diversi altri quotidiani e riviste.
Garzanti ha attualmente in catalogo le opere narrative Illazioni su una sciabola ( 1984) e Un altro mare ( 1991 ), i saggi Dietro le parole ( 1978), Itaca e oltre ( 1982) e Danubio ( 1986) e il testo teatrale Stadelmann ( 1988).Fotografia di L. Ghirri
A Marisa
«Sebbene il Mondo tutto ormai sia noto, moltissimi essendo i libri che in generale la di lui descrizione sott'occhio ci pongono, pure trattandosi d'una sola Provincia difficilmente trovasi a dovere descritta... ».
«Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto».
CAFFÉ SAN MARCO
Le maschere stanno in alto, sopra il bancone di legno nero intarsiato, che proviene dalla rinomata falegnameria Cante - rinomata almeno un tempo, ma al Caffè San Marco le insegne onorate e la fama durano un po' di più; anche quella di chi, quale unico titolo per essere ricordato, può accampare soltanto - ma non è poco - il fatto di aver passato degli anni a quei tavolini di marmo dalla gamba di ghisa, che finisce in un piedestallo poggiato su zampe di leone, e di aver detto ogni tanto la sua sulla giusta pressione della birra e sull'universo.